Domenica 24

III Domenica del Tempo Ordinario

Terza ord

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Dal Vangelo secondo Matteo (Mc 1,14-20)

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

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Riflessione a cura di Padre Raniero Cantalamessa

Il brano evangelico ci offre l’occasione di precisare cosa s’intende, nel cristianesimo, per conversione. Dobbiamo sfatare subito due pregiudizi. Primo, la conversione non riguarda solo i non credenti, o quelli che si dichiarano “laici”, ma ci riguarda tutti, tutti abbiamo bisogno di convertirci.Secondo, la conversione, intesa in senso genuinamente evangelico, non è sinonimo di rinuncia, sforzo e tristezza, ma di libertà e di gioia; non è uno stato regressivo, ma progressivo.

Prima di Gesù, convertirsi significava sempre un “tornare indietro” (il termine ebraico, shub, significa invertire rotta, tornare sui propri passi).

Indicava l’atto di chi, a un certo punto della vita, si accorge di essere “fuori strada”; allora si ferma, ha un ripensamento; decide di cambiare atteggiamento e tornare all’osservanza della legge e di rientrare nell’alleanza con Dio. Fa una vera e propria inversione di marcia, una “conversione ad U”. La conversione, in questo caso, ha un significato morale; consiste nel cambiare i costumi, nel riformare la propria vita.

Sulle labbra di Gesù, questo significato cambia. Non perché egli si diverta a cambiare i nomi delle cose, ma perché, con la sua venuta, sono cambiate le cose. Convertirsi non significa più tornare indietro, all’antica alleanza e all’osservanza della legge, ma significa piuttosto fare un balzo in avanti ed entrare nel Regno, afferrare la salvezza che è venuta agli uomini gratuitamente, per libera e sovrana iniziativa di Dio.

Conversione e salvezza si sono scambiate di posto. Non c’è più, per prima cosa, la conversione da parte dell’uomo e quindi la salvezza, come ricompensa da parte di Dio; ma c’è prima la salvezza, come offerta generosa e gratuita di Dio, e poi la conversione come risposta dell’uomo.

L’idea soggiacente non è più: “convertitevi per essere salvi, convertitevi e la salvezza verrà a voi”, ma è: “convertitevi perché siete salvi, perché la salvezza è venuta a voi!”. In questo consiste il “lieto annuncio”, il carattere gioioso della conversione evangelica.

Dio non aspetta che l’uomo faccia il primo passo, che cambi vita, che produca opere buone, quasi che la salvezza sia la ricompensa dovuta ai suoi sforzi.

No, prima c’è la grazia, l’iniziativa di Dio. In questo, il cristianesimo si distingue da ogni altra religione: non comincia predicando il dovere, ma il dono; non comincia con la legge, ma con la grazia.

“Convertitevi e credete”: questa frase non significa dunque due cose diverse e successive, ma la stessa azione fondamentale: Convertitevi, cioè credete! Convertitevi credendo! La prima e fondamentale conversione è la fede. È essa la porta per cui si entra nel Regno e nella salvezza.

Se ci fosse detto: la porta è l’innocenza, la porta è l’osservanza esatta di tutti i comandamenti, la porta è la pazienza, la purezza, uno potrebbe dire: non è per me; io non sono innocente, non ho tale o talaltra virtù.

Ma ti viene detto: la porta è la fede. A nessuno è impossibile credere perché Dio ci ha creati liberi e intelligenti, proprio per renderci possibile l’atto di fede in lui.

 È nell’atto di fede che la ragione umana realizza pienamente se stessa; anzi si eleva al di sopra di se stessa. La fede, si sente dire spesso, “rappresenta un limite per la razionalità”. In un certo senso è vero.

C’è da chiedersi però se anche il rifiuto di credere non rappresenti, in modo diverso, un limite posto alla ragione.  Non pone allora un limite alla ragione e non la mortifica colui che non le riconosce questa capacità di trascendersi e proiettarsi al di sopra di se stessa?

Se la fede è la chiave di tutto, bisogna che cerchiamo di capire di che tipo di fede si tratta. La fede ha diverse facce: c’è la fede-assenso dell’intelletto, la fede-fiducia.

Nel nostro caso, si tratta di una fede-appropriazione. Di un atto, cioè, per cui uno si appropria, quasi di prepotenza, di una cosa.

“Convertitevi!”, non è una minaccia, una cosa che rende tristi e costringe ad andare a testa china e perciò da ritardare il più possibile.

Al contrario, è un’offerta incredibile, un invito alla libertà e alla gioia. È la “buona notizia” di Gesù agli uomini di tutti i tempi.

 Terza ord bis

 

PREGHIERA

Signore,

per manifestare al  mondo

l’amore immenso del Padre,

sei venuto tra noi assumendo

la nostra umanità.

Ci chiedi di convertirci,

di conoscerti, di credere.

Gli apostoli chiamati

hanno creduto in Te, ti hanno seguito

per partecipare alla tua missione redentrice.

E’ quello che chiedi a ciascuno di noi:

farti diventare riferimento

alla nostra esistenza,

vivere quella fede che rende logico l’assurdo,

realizzabile l’impossibile e trasforma in saggezza

ciò che può sembrare follia.

Aiutaci, Signore a rimanere sulla tua strada,

per diventare Pescatori di uomini,

strumenti di gioia e di pace.