Domenica 23 Maggio

SOLENNITA’  DI PENTECOSTE

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 Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,26-27;16,12-15)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
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Riflessione a cura di Padre Raniero Cantalamessa

Il racconto della Pentecoste, negli Atti degli Apostoli, comincia con l’indicazione del tempo e del luogo: «Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo» (At 2, 1). Il tempo è dunque quello in cui gli ebrei celebravano la festa di Pentecoste e il luogo è quella «sala al piano superiore» in cui gli apostoli si erano ritirati dopo l’Ascensione di Gesù (cf At 1, 13). Segue quindi, nei versetti successivi, la descrizione del miracolo che procede, con rapidi tratti, dall’esterno verso l’interno, dai segni visibili – il vento, il fuoco – alla realtà spirituale: “Tutti furono pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue” (At 2, 1-4).
A questo punto si ripete ciò che era avvenuto alla nascita di Cristo e che Luca descrive all’inizio del suo Vangelo. L’avvenimento non può rimanere nascosto, la notizia dell’accaduto trabocca e si diffonde all’esterno. Questa volta non si tratta però di pochi pastori palestinesi, ma di rappresentanti di tutte le nazioni che sono sotto il cielo e di cui Luca fornisce anche un elenco. Lo stupore raggiunge il colmo quando ciascuno sente gli apostoli parlare la propria lingua.

Così facendo, Luca ha voluto mettere in risalto «la missione universale della Chiesa», come segno di una nuova unità tra tutti i popoli. Questa intenzione di Luca – e quindi dello Spirito Santo che l’ha ispirato nello scrivere – si precisa andando avanti nella lettura degli Atti.

In due modi lo Spirito lavora per l’unità della Chiesa: da un lato spinge la Chiesa verso l’esterno, ad abbracciare nella sua unità un numero sempre maggiore di categorie e di persone, dall’altro la spinge verso l’interno a consolidare l’unità raggiunta. Le insegna a estendersi in universalità e a raccogliersi in unità.
Vediamo il primo dei due movimenti in atto nel capitolo 10 degli Atti, nell’episodio della conversione di Cornelio. Fino a che punto deve spingersi l’universalità della comunità dei discepoli di Cristo e chi è chiamato a entrare in essa?

Dopo l’esperienza fatta il giorno di Pentecoste, gli apostoli erano pronti a rispondere: tutti i giudei e gli osservanti della legge, a qualsiasi popolo appartenessero.

Tali infatti erano quelli che il giorno di Pentecoste avevano aderito alla fede. Occorse un’altra Pentecoste, molto simile alla prima – quella appunto in casa del centurione pagano Cornelio –, per indurre gli apostoli ad allargare l’orizzonte e far cadere l’ultima barriera, quella tra giudei e gentili.
Il secondo movimento lo vediamo in atto al capitolo 15 degli Atti, nello svolgimento del concilio di Gerusalemme, quando il problema è come far sì che l’universalità non comprometta l’unità interna della Chiesa. Nel corso del lungo e sofferto processo che accompagnò l’andata della Chiesa verso i pagani, lo Spirito Santo rivela un altro suo modo di operare l’unità che è necessario saper riconoscere.

Egli non opera nella Chiesa sempre in maniera repentina, con interventi miracolosi e risolutivi, come a Pentecoste, ma anche, e più spesso, in un secondo modo: con una presenza e un lavorio discreto, rispettoso dei tempi e delle divergenze umane, passando attraverso persone e istituzioni, preghiera e confronto e tutto orientando, anche se in tempi più lunghi, al compimento dei disegni del Padre. Così infatti avvenne, nel concilio di Gerusalemme, per la questione dell’atteggiamento da tenere verso i convertiti dal paganesimo, la cui soluzione fu annunciata a tutta la Chiesa con le parole: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi…» (At 15, 28).
Nella visione di Luca dunque lo Spirito che a Pentecoste viene sugli apostoli, e che continua poi a guidare il cammino della Chiesa nella storia, è fondamentalmente uno Spirito di unità. San Paolo riassume con una sola frase questa comprensione del ruolo dello Spirito che fu anche la sua: «Battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, giudei e greci» (1 Cor 12, 13).
La Chiesa è universale non solo quando tende a raggiungere «i confini della terra», ma anche quando tende verso il suo centro che è il capo del corpo, il Cristo risorto. In questo senso, universalità e unità coincidono e lo Spirito di unità è anche lo Spirito di universalità della Chiesa.

PREGHIERA

 

Spirito di Dio, fa’ della tua Chiesa

un roveto che arde di amore per gli ultimi.

Alimentane il fuoco col tuo olio, 

dalle tenerezza e coraggio, lacrime e sorrisi.

Rendila spiaggia dolcissima per chi è solo,  triste, povero.

Disperdi la cenere dei suoi peccati,

fa’ un rogo delle sue infedeltà.

E quando tornerà al Padre stanca e pentita,

coperta di fango e di polvere  credile, se chiede perdono.

Non la rimproverare, ma ungi teneramente

le sue membra con le fragranze

del tuo profumo e con l’olio di letizia.

E poi, divenuta bellissima, senza macchie e senza rughe,

conducila al Padre,

perché possa guardarlo  senza arrossire,

 e possa dirgli finalmente: Ti amo. 

 don Tonino Bello