Domenica 16 Gennaio

Seconda del Tempo Ordinario

IITO

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Dal Vangelo secondo Giovanni  (Gv 2,1-11)

 In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

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Riflessione a cura di Padre Ermes Ronchi.

L’intero Israele risuonava del lamento di schiavi e lebbrosi, e Gesù sembra ignorarli e inizia il suo ministero ma da una festa di nozze. 

Anziché asciugare lacrime, colma le coppe di vino.

Sembra indifferenza davanti al dolore dei poveri, la scelta di qualcosa di secondario di fronte al dramma del mondo, eppure il vangelo chiama questo il “principe dei segni”, il capostipite di tutti.

Gesù vuole trasmettere a Cana il principio decisivo della relazione che unisce Dio e l’umanità. Tra uomo e Dio corre un rapporto nuziale, con tutta la sua tavolozza di emozioni forti e buone: amore, festa, dono, eccesso, gioia.

    Un legame sponsale, non un rapporto giudiziario o penitenziale, lega Dio e noi, un vino di festa.

A Cana Gesù partecipando a una festa di nozze proclama il suo atto di fede nell’amore umano.

Lui crede nell’amore, lo benedice, lo rilancia con il suo primo prodigio, lo collega a Dio.

Perché l’amore è il primo segnale indicatore da seguire sulle strade del mondo, un evento sempre decretato dal cielo.

Gesù prende l’amore umano e lo fa simbolo e messaggio del nostro rapporto con Dio.

Anche credere in Dio è una festa, anche l’incontro con Dio genera vita, porta fioriture di coraggio, una primavera ripetuta.

A lungo abbiamo pensato che Dio fosse amico del sacrificio e della gravità, e così abbiamo ricoperto il vangelo con un velo di tristezza.

Invece, a Cana ci sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura.

Dobbiamo amare e trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo e ringraziarlo nella nostra felicità terrena.

Ma ecco che «viene a mancare il vino».

Il vino, in tutta la Bibbia, è il simbolo dell’amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minacciato.

Non hanno più vinoesperienza che tutti abbiamo fatto, quando stanchezza e ripetizione prendono il sopravvento.    

  Quando ci assalgono mille dubbi, quando gli amori sono senza gioia, le case senza festa, la fede senza passione.    Ma c’è il punto di svolta del racconto.

Maria, la donna attenta a ciò che accade nel suo spazio vitale, sapiente della sapienza del Magnificat, sa che Dio ha saziato gli affamati di vita, indica la strada:

«Qualunque cosa vi dica, fatela». Fate ciò che dice, fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne. E si riempiranno le anfore vuote del cuore.

Fate il vangelo, e si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice.  Più vangelo è uguale a più vita.

Più Dio equivale a più io. Viene come un di più sorprendente, come vino immeritato e senza misura, un seme di luce. Abbiamo tanta fiducia in Lui, perché non dei nostri meriti tiene conto, ma solo del nostro bisogno.

 PREGHIERA

Signore, a Cana di Galilea, la mancanza di vino

ti ha chiamato subito in causa attraverso la richiesta di tua madre. 

E tu, allora, hai offerto un anticipo della tua gloria,

un segno inequivocabile della tua identità e della tua missione.

Grazie Signore, perché sei venuto proprio per questo:

per cambiare la nostra vita, per trasformare l’acqua del pianto,

del sudore, della fatica, della fragilità,

nel vino buono della festa e della gioia.

Grazie Signore, perché  Tu non hai solamente salvato

una festa di matrimonio, ma hai mostrato di essere

colui che viene incontro alla nostra debolezza,

ai nostri limiti, alle nostre difficoltà, per cambiare la nostra tristezza,

la nostra inadeguatezza, i nostri affanni,  in una gioia solida e sicura,

per dare un sapore nuovo, il gusto del vino buono,

a questa nostra esistenza.