Domenica 24 Novembre

CRISTO RE DELL’UNIVERSO

Cristo Re

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Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23,35-43)

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

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Sconfitta e gloria, tristezza e gioia, morte e risurrezione, l’uomo e Dio raccontati da Luca nel Vangelo della passione.

Nella solennità di Gesù Cristo Re dell’universo la liturgia ci propone le parole decisive, anche bellissime, e i gesti drammatici che si consumano sul Calvario nella versione del terzo evangelista. 

Avvenuta la crocifissione di Gesù, le reazioni dei presenti si diversificano;  esse sono descritte da Luca con molta attenzione.

Su quel luogo di morte sta il popolo che, nel silenzio, sembra contemplare l’evento.

Lungo il Vangelo esso si propone sempre attento agli insegnamenti e ai gesti del Maestro, esprime stima e lo segue.

Solo davanti alle incertezze di Pilato, manipolato dai capi dei sacerdoti e dalle autorità, si è lasciato andare in tristi grida: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!” (Lc 23,21). Di fronte a quello strazio, ora, il popolo riflette su quanto accaduto e, forse, sta ripensando sul male compiuto.

Ci sono i capi che urlano e continuano a denigrare Gesù; è un comportamento che, probabilmente, serve a soffocare la voce della coscienza e a rifiutare il giudizio del condannato a morte.

Nel racconto di queste ore drammatiche Luca tiene conto di quanto accaduto nel deserto dopo il battesimo nel Giordano; lì Gesù viene tentato tre volte dal diavolo -separatore-, il quale lo interpella con le stesse parole venute dal cielo: “Se sei il Figlio di Dio” (cfr Lc 3,22; 4,3.9). Tutto inutile; vale la pena tornare in un’altra occasione, quando la fragilità di Gesù sarà evidente ancora una volta.

Il tempo propizio è arrivato e, puntuale, il tentatore torna ad istigare; egli tiene conto della sentenza di Pilato riportata sulla croce: “Se tu sei il re dei giudei” (Lc 23,37), e la usa nel triplice intervento.

Il contenuto delle tentazioni è il potere di salvarsi da sé; Gesù ha compiuto tanti miracoli a favore della gente, ora può intervenire a favore di se stesso; scendere dalla croce, schiodare i criminali che sono crocifissi con lui. La reazione ha una forte e intensa coerenza tanto nel deserto quanto sul Calvario: il Figlio non fa niente senza la profonda intesa col Padre e respinge decisamente le soluzioni a “buon mercato”; egli è l’uomo giusto e salvato (cfr Zc 9,9), cioè attende e accoglie la salvezza da Dio.

Gesù in croce resta muto davanti agli scherni e alle beffe di quelli che lo insultano; ottiene la salvezza, non evitando la morte, ma attraverso quella morte infamante.

Assieme ai capi anche i soldati giocano al “ribasso”, lo deridono e aggiungono un gesto che va dal sarcasmo alla comprensione; “gli si accostavano per porgergli dell’aceto” (Lc 23,36). Dentro questo dramma non ancora chiuso, Luca, come gli altri evangelisti, porge l’attenzione alla scritta di Pilato collocata sulla croce, in alto: “Costui è il re dei Giudei” (Lc 23,38). Essa riporta il motivo della condanna a morte; tutti devono saperlo, anche Erode che dei Giudei si considera re. Infine anche uno dei banditi crocifissi sul Calvario insulta Gesù: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi” (Lc 23,39). Egli si preoccupa in primo luogo di Gesù, poi di sé e del compagno, per avere la liberazione. L’altro malfattore è più razionale; riconosce la giustezza della pena a cui sono stati condannati, rimprovera la sfacciataggine del compagno di ventura, si rende conto del fallimento della lotta, cerca di fargli comprendere che Gesù non ha fatto nulla di colpevole, di “fuori luogo”, è uomo giusto.

Al riconoscimento dell’innocenza egli aggiunge una richiesta inaudita; in essa si mescolano coraggio e fiducia, slancio e attesa: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23,42). Il bandito chiede misericordia, chiede solidarietà e vicinanza, come gli ammalati che invocavano Gesù per la guarigione; riconosce la regalità messianica e gli affida quello che rimane della sua vita persa: il respiro.

La risposta è semplicemente originale, unica: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Non c’è spazio di attesa per la mente rivolta alla fine dei tempi, ma una dichiarazione che annulla promesse e dà certezza: “oggi” entrerai nella vita stessa di Dio, e non da solo, ma “con me”.

La morte che li attende non è più morte, è soglia, quella che fa entrare nella vita divina, nell’intimità di colui che è vita, Dio.

Per questo bandito convertito la morte sarà solo un passaggio. Ha incontrato il Re, lo ha visto con i suoi  occhi; dentro di sé ha sentito scorrere, finalmente, serenità; intanto c’è l’esplosione della gioia che gli fa assaporare il banchetto escatologico.

E’ già un altro mondo, il paradiso, non solo il giardino recintato, ma la profonda e definitiva unione col Messia, respiro dell’amore trinitario.

 

 PREGHIERA

Troppe volte, Signore, dominati dall’ansia del futuro

e dall’angoscia del pericolo, ci rivolgiamo ad altri “re”.

Oggi, Signore, Tu ci inviti ad alzare il capo

e a guardare nel tuo futuro.

Tu, Re di misericordia, ricordati di noi nel tuo Regno,

facci percepire il palpito del tuo cuore.

Aiutaci a comprendere che un mondo disgregato

dal dubbio e dallo scetticismo trova solo in te la salvezza.

Facci capire che il tuo Regno non è fatto

di splendido isolamento, ma di profonda solidarietà

con l’umanità redenta.

Ricordaci che il tuo Regno non impone diffidenza,

ma libera, salva, assicura speranza.