Ora di base cristiana FCIM 2021-2022
Gennaio 2022
Il Magistero della Chiesa
a cura di Padre Michele Tumbarello
I. Cosa è il Magistero?
La parola “magistero” viene da “magister, maestro“, uno degli attributi che il Vangelo riconosce a Gesù.
In che modo Gesù continua ad ammaestrarci dopo il suo ritorno al Padre? Tramite il Magistero.
Il termine “Magistero” è di coniazione relativamente recente, risale al sec. XIX, ma la realtà espressa da quel termine risale a Cristo stesso.
E’ Lui stesso che ha istituito il Magistero, quando ha dato agli apostoli (e ai loro successori fino alla fine del mondo) l’incarico di annunciare il Vangelo sino agli estremi confini della terra, promettendo loro l’assistenza dello Spirito Santo che li avrebbe resi maestri (magister, magisterium, maestro) dell’umanità in relazione all’eterna salvezza, trasmettendo oralmente (Tradizione apostolica) e per iscritto (Sacra Scrittura) quella dottrina che è Parola di Dio, ossia quelle parole di Cristo circa le quali Egli stesso disse “cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Gesù stesso dice: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre lo Spirito di Verità” (Gv 14,16-17).
E aggiunge: “Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26).
L’assistenza di Gesù ai suoi apostoli è dunque confermata nel tempo, e non solo perché la Chiesa da lui fondata potesse ricordare ma anche testimoniare (“mi renderete testimonianza“, Gv 15,27).
Del resto la sola ragione umana è fallibile.
Il Magistero è invece infallibile perché, illuminato da una continua pentecoste. Gode “per sempre” della promessa di Gesù: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di Verità, egli vi guiderà alla Verità tutta intera” (Gv 16,12-13). Respingere il Magistero significa respingere lo stesso Gesù, perché “Chi ascolta voi ascolta Me, chi disprezza voi disprezza Me” (Lc 10,16).
L’Islam e il Protestantesimo hanno cercato di costruire una religione senza magistero, ma non ci sono riusciti, finendo per ricorrere lo stesso a forme d’autorità costruite dal basso.
Invece la Chiesa dei primi secoli riconosce subito i vescovi come successori degli apostoli anche nell’esercizio dell’insegnamento.
Quest’autorità costruita dall’alto “non è però al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso” (Concilio Vaticano II, DV,10).
Il Magistero è costituito dal collegio dei vescovi, successori degli Apostoli, uniti al Papa, successore di Pietro e loro capo, in quanto maestri della fede ossia concordi annunciatori della Parola della salvezza, assistiti dallo Spirito della verità.
Il collegio apostolico in questo senso annuncia infallibilmente la verità salvifica, che in se stessa resta sempre la stessa col medesimo significato.
Il Magistero ha quindi la missione di custodire, insegnare e trasmettere fedelmente la verità di fede lungo i secoli al popolo di Dio e all’umanità. Se è vero che ogni fedele, ogni teologo, ogni pastore può e deve essere interprete della Parola di Dio in quanto deve comprenderla, viverla e insegnarla ad altri in modo privato o pubblico è altrettanto vero che il Magistero è l’unico interprete autentico, cioè dotato di autorità nell’interpretare, in quanto gode di una specifica assistenza dello Spirito Santo di cui accennavamo prima. Essa investe in particolare il Collegio episcopale con il suo Capo, il Romano Pontefice, il Papa.
II. Il Magistero ordinario e il magistero straordinario
Esistono il magistero ordinario e il magistero straordinario.
Il magistero ordinario è proprio del Papa, che lo esercita nei confronti di tutta la Chiesa attraverso atti come le encicliche, le costituzioni e le esortazioni apostoliche, i motu proprio, i discorsi.
Esso compete anche ai vescovi, che lo esercitano ciascuno immediatamente sulla propria Chiesa locale.
Il compito del magistero ordinario è quello di essere guida alla comprensione dei misteri della salvezza; individua i mezzi dell’azione pastorale e dell’applicazione spirituale e vitale del messaggio della fede. Ciò spiega perché le indicazioni del magistero ordinario non sono di per se irriformabili, e hanno spesso un valore e un significato prudenziale.
Il magistero straordinario è di per se infallibile e si esprime in tre modalità:
1- il magistero straordinario del Concilio.
Si realizza quando tutti i vescovi uniti al Papa proclamano in modo solenne e formale una dottrina come proveniente dalla rivelazione e da credersi o ritenersi definitivamente per tutta la Chiesa.
2- il magistero straordinario del Papa.
Si realizza quando il Sommo Pontefice proclama ex cathedra (cioè solennemente e con una dichiarazione ufficiale) che una dottrina concernente la fede o la morale è da credersi o ritenersi in modo definitivo da tutti i fedeli. La definizione ex cathedra del Papa è dipendente dalla fede della Chiesa.
3- il magistero ordinario universale, che viene esercitato dalla totalità dell’episcopato unito al Papa e, in quanto tale, costituisce un organo del magistero infallibile.
III. Accoglienza della Parola e obbedienza alla fede
Se gli apostoli e i loro successori hanno ricevuto la missione di insegnare, i fedeli da parte loro sono invitati ad assumere un atteggiamento di accoglienza docile e l’obbedienza nella fede.
Quale dovrebbe essere la loro risposta all’insegnamento del Magistero che non è necessariamente infallibile?
In questi casi i cattolici sono liberi di dissentire dall’insegnamento della Chiesa? Qual è la differenza tra la risposta chiamata “Fede divina e cattolica” e “sottomissione religiosa di intelletto e volontà”?
Spesso oggi ci accorgiamo come tanti ascoltano ciò che papa Francesco continua a testimoniare, e lo fanno con attenzione vera e una gratitudine resa più forte dalla profondità coinvolgente, sebbene spesso scomoda, di ciò che dice. Eppure anche nella comunità credente ci sono voci, alcune con più garbo altre con più veemenza, che criticano il Papa per esempio per i continui interventi di carattere “sociale”: sulle povertà, sulle «inequità» e sulle disuguaglianze, sul Covid e sulle vaccinazioni, sulle immigrazioni, sulla solidarietà. E insistono nel rilevare che simili interventi, assolutamente giustificati in sé e per sé, starebbero benissimo sulla bocca di qualunque personalità internazionale (capi di Stato, alti rappresentanti dell’Onu, dell’Unione Europea o di diverse Ong) , ma non se ne percepisce il carattere propriamente “cattolico”.
Un’omelia su Cristo riassumerebbe tutti i temi sociali e darebbe maggior conforto ai credenti.
Ci possono essere anche limpidi intendimenti in queste osservazioni e nel loro preteso realismo, però non si può non avvertire che nel loro “bacchettare” il Papa, esse appaiono fredde o addirittura raggelanti.
Com’è possibile che le parole del Papa a volte abbiano un valore e altre no, che un momento sembri che gli si debba obbedienza perinde ac cadaver (nello stesso modo di un cadavere) e il momento dopo l’esatto contrario…?
Per rispondere a tutte queste domande che possono destare perplessità o dubbi o addirittura confusione bisogna subito affermare che i cattolici devono tenere conto della diversa natura o tipologia dell’insegnamento che viene loro proposto.
A) Dogmi
A volte il Magistero impegna la pienezza della sua autorità per definire un dogma. Ciò significa che dichiara che un insegnamento fa parte del contenuto della fede.
Il Concilio di Nicea, per esempio, dichiarò che Gesù Cristo, la Parola incarnata, è vero Dio, uguale al Padre. Poiché il Magistero garantisce infallibilmente che tale credenza viene rivelata da Dio, la nostra risposta deve essere un assenso alla “fede divina e cattolica”.
In altre parole, dobbiamo crederci con la stessa indiscutibile fiducia che riponiamo in Dio stesso
CCC 891: “Di questa infallibilità il Romano Pontefice, capo del Collegio dei Vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo Pastore e Dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale. […] L’infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel Corpo episcopale, quando questi esercita il supremo Magistero col Successore di Pietro » soprattutto in un Concilio Ecumenico.422 Quando la Chiesa, mediante il suo Magistero supremo, propone qualche cosa « da credere come rivelato da Dio »423 e come insegnamento di Cristo, «a tali definizioni si deve aderire con l’ossequio della fede ».424 Tale infallibilità abbraccia l’intero deposito della rivelazione divina.”
B) Giudizi definitivi sostenuti con fermezza
Ci sono altre dichiarazioni magisteriali che non definiscono un dogma da credere, ma sono invece giudizi definitivi su una questione strettamente correlata alla rivelazione. Ad esempio, il Concilio di Trento ha emesso un giudizio infallibile riguardo all’elenco dei libri da considerare sacra Scrittura (il canone biblico). I nomi dei libri da includere nella Bibbia non furono rivelati da Dio. Tuttavia è chiaramente della massima importanza per la Chiesa sapere quali libri sono ispirati e contengono verità rivelate. Un giudizio autorevole come questo deve essere “fermamente tenuto” dai fedeli. Tali decisioni non sono alla mercè di tutti per aprire controversie teologiche. Quando il Magistero parla in questo modo, il caso è chiuso. Fine della discussione.
C) Sottomissione religiosa d’intelletto e volontà
Se altri insegnamenti più ordinari del Magistero non sono o non si possono definire come “infallibili” allora sono semplicemente aperti all’opinione di tutti? Niente affatto.
L’assistenza dello Spirito non si limita alle dichiarazioni infallibili.
L’insegnamento dottrinale ordinario della Chiesa, espresso nell’insegnamento quotidiano e in numerosi documenti del Papa e dei vescovi, deve sempre ricevere il massimo rispetto da parte di tutti i laici, del clero e persino dei teologi professionisti. La risposta adeguata a tale insegnamento è ciò che il Concilio Vaticano II chiama “la sottomissione religiosa dell’intelletto e della volontà”.
CCC 892: “L’assistenza divina è inoltre data ai successori degli Apostoli, che insegnano in comunione con il Successore di Pietro, e, in modo speciale, al Vescovo di Roma, Pastore di tutta la Chiesa, quando, pur senza arrivare ad una definizione infallibile e senza pronunciarsi in « maniera definitiva », propongono, nell’esercizio del Magistero ordinario, un insegnamento che porta ad una migliore intelligenza della Rivelazione in materia di fede e di costumi. A questo insegnamento ordinario i fedeli devono aderire col religioso ossequio dello spirito che, pur distinguendosi dall’ossequio della fede, tuttavia ne è il prolungamento.”
Siamo tenuti ad affrontare tali dichiarazioni con docilità, cercando di capire il loro insegnamento e lasciando che l’insegnamento modelli le nostre opinioni e azioni.
Se un teologo dovesse avere dubbi sulle carenze nella formulazione di un determinato documento, il suo obbligo è di far conoscere le sue preoccupazioni all’autorità ecclesiastica competente in modo privato e rispettoso.
Non è mai appropriato per i laici, il clero o i teologi organizzare qualsiasi tipo di dissenso pubblico verso una dichiarazione del Magistero, usando la tattica mondana della pressione politica e del “battage” pubblicitario per influenzare l’insegnamento della Chiesa.
D) Questioni di disciplina
Per le direttive del Magistero che non riguardano la fede e la morale, ma piuttosto toccano questioni di disciplina – regolamenti liturgici, il requisito ordinario del celibato sacerdotale per i sacerdoti di rito latino, per il cattolico c’è il dovere di ottemperanza esteriore e rispettosa della legge della Chiesa. Non esiste ancora alcun diritto di dissenso e controversia in pubblico. Ma se un cattolico dovesse avere un’opinione personale secondo cui la pratica prevalente dovrebbe essere cambiata, ciò non significa che non sia un fedele cattolico.
Alcuni credono che dovremmo inginocchiarci di più durante la Messa, altri pensano che dovremmo inginocchiarci di meno. Il dialogo su tali questioni è appropriato, purché sia condotto nel rispetto e nella carità per tutti e nel rispetto fedele della legge così com’è fino al momento in cui l’autorità della Chiesa dovesse cambiarla.
Per concludere, mentre esistono diversi tipi di insegnamento magisteriale con diversi gradi di autorità, la volontà di sottomettersi fedelmente al Magistero deve essere la regola, anche se tale insegnamento non è di per sé infallibile. Perché la Chiesa non è una semplice istituzione umana. Nata dallo Spirito, è dotata dallo Spirito di alcuni doni. Uno dei più grandi di questi doni è il carisma della verità dato ai successori degli apostoli che garantisce che la Chiesa rimarrà un pilastro e un baluardo della verità (I Tim. 3:15) fino alla fine dei tempi.
- Alcune note esplicative finali
In generale la regola è che “i fedeli sono tenuti ad aderire” all’insegnamento del Papa, del Concilio o dei Vescovi, “in misura proporzionale all’autorità che possiedono e che intendono esercitare”. (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Mysterium Ecclesiae sull’unità e l’unicità della Chiesa di Cristo, 24 giugno 1973.)
Per questo motivo alcuni ritengono che siano atti magisteriali quelli compiuti dal Papa o dai Vescovi quando esercitano il loro ufficio di Papa o di Vescovo o di Vescovi riuniti in un Concilio, mentre le lettere personali, anche di contenuto dottrinale, e altre esternazioni del genere non debbono considerarsi Magistero.
Tornando per un momento al caso di Papa Francesco, questa è la ragione per cui molti ritengono che le sue interviste non abbiano valore magisteriale, dato appunto il suo carattere di intervista: appare come un atto informale, dunque fuori dell’esercizio delle funzioni.
Occorre comunque osservare come l’accresciuta visibilità del Papato, specialmente a partire dal pontificato di San Giovanni Paolo II, abbia condotto ad un moltiplicarsi di mezzi e metodi di esternazione assai meno formali di un tempo (la prima intervista fu rilasciata già da Leone XIII). La potestà magisteriale è a forma libera, il modo in cui si esercita non è determinato a priori: le forme usuali, dalle Encicliche alle Lettere pastorali dei Vescovi, rendono più facilmente riconoscibile l’atto di Magistero come tale, perché ne indicano in modo inequivocabile l’inerenza all’ufficio esercitato e il carattere dottrinale; tuttavia, in definitiva conta che la dichiarazione sia rivolta ai fedeli – anche in via mediata, p.es. se il Papa scrive a un Vescovo che lo ha interpellato su un problema dottrinale nella sua Diocesi – e che vi sia, non la semplice espressione di un’idea, ma l’esercizio dell’autorità.
Quindi l’intenzione segna il discrimine tra Magistero e non-Magistero; lo segna anche tra i diversi gradi di autorevolezza degli atti.
Quanto al Papa, si devono distinguere le sue esternazioni personali (dove si dice che egli parla come “dottore privato”, con un’autorità non superiore a quella di un qualunque teologo: ne sono un esempio i tre libri di Benedetto XVI sulla vita di Gesù), da quelle compiute come Vescovo di Roma, che in passato potevano essere ben distinte dalle altre, e gli insegnamenti rivolti alla generalità dei fedeli.

Di seguito alcune foto scattate durante l’incontro
e la registrazione audio video della catechesi.